Riceviamo dalla direzione nazionale la Relazione di fine mandato della presidente uscente, Rosa Filippini, presentata Sabato 18 aprile, in occasione del 14° Congresso degli Amici della Terra tenutasi a Roma.

14° CONGRESSO NAZIONALE DEGLI AMICI DELLA TERRA
Perché c’è (Sempre Più) Bisogno di un’Associazione Libera
Relazione di fine mandato di Rosa Filippini

Questa volta, il Congresso nazionale degli Amici della Terra è più importante del solito e, per questo, è stato preceduto da un dibattito intenso fra tutti i suoi dirigenti. C’è da prendere atto di due cambiamenti che si sono verificati, indipendenti uno dall’altro, di diversa importanza, ma entrambi impegnativi per la nostra associazione che, a 38 anni dalla sua fondazione, è una delle più longeve ed originali nel panorama dell’ambientalismo italiano ed europeo ma anche fragile nella sua struttura a causa della scelta di autonomia intellettuale che l’ha caratterizzata in positivo ma che ne ha reso cronica la povertà in termini di risorse economiche.
Il primo cambiamento riguarda l’avvenuta esclusione dalla rete di FoE International e chiude una fase della nostra storia. Il secondo, ovvero l’elezione di un nuovo presidente a seguito della mia indisponibilità ad un ulteriore mandato, ne apre una nuova rivolta al futuro e adeguata a cogliere più ampie opportunità. C’è da decidere in che modo intendiamo affrontarli e utilizzarli per rafforzare le nostre attività, la nostra identità storica e il senso stesso del nostro sodalizio.
L’esclusione dalla rete di FoE International rappresenta un fatto molto grave, in apparenza per noi, in sostanza e in prospettiva per loro. Infatti, per ciò che ci riguarda, non abbiamo mai nascosto le nostre posizioni e non abbiamo avuto paura di avviare un dibattito all’interno e all’esterno dell’associazione.
Il Congresso del luglio scorso si è espresso in proposito approvando una mozione argomentata e il preambolo di Mario Signorino che ha il valore di un saggio sulla preoccupante deriva ideologica di FoEI. Tempestivamente, abbiamo reso pubbliche tutte le informazioni e le lettere (le nostre e le loro) in formato integrale, così come il Congresso ci ha impegnati a fare. Dalle pagine dell’Astrolabio, una riflessione importante è stata raccolta persino dal Corriere della Sera, a firma di Danilo Taino, a dimostrazione dell’interesse di tipo politico e intellettuale suscitato dalle nostre analisi che sono riferibili ad un’ampia parte del movimento ambientalista internazionale.
FoE International ha avuto l’interesse opposto, quello di tacitare il più possibile la polemica. La notizia dell’avvenuta esclusione non ci è nemmeno stata comunicata ufficialmente ed è comparsa sul sito di FoEI, in poche righe, in modo burocratico, fra le tante delibere votate dall’Assemblea internazionale. Nessuna notizia e nessuna spiegazione è stata data nemmeno per il parallelo, definitivo allontanamento di FoE Medio Oriente. Un allontanamento volontario, in questo caso, ma causato dall’aperta ostilità a cui FoEI aveva esposto questo coraggioso gruppo dove, lo ricordo, lavorano fianco a fianco giordani, israeliani e palestinesi.

Il silenzio su tutto, però, non serve a mascherare -anzi mette in evidenza- l’inadeguatezza di FoE International ad affrontare il confronto di opinioni e l’attitudine ad affidarsi a posizioni precostituite e dogmatiche come in una setta.
Ma che futuro può avere una federazione che non discute più e che pretende “l’allineamento” dei suoi membri come ai tempi del Politburo?
Molte condizioni, anche oggettive, concorrono a spingere in quella direzione tutto il movimento ambientalista . Ad esempio, per la loro veste di stakeholders, in particolare nei negoziati internazionali ma non solo, le associazioni ambientaliste stanno assumendo un ruolo paraistituzionale che favorisce il loro finanziamento strutturale, elargito sia dalle istituzioni che dalle fondazioni private. Il processo partecipativo spontaneo di un tempo è finito, ovvero è stato normalizzato e, ora, produce delle rendite. Non ci sarebbe niente di male in questo, se l’arrivo di tanti quattrini non avesse finito per trasformare le associazioni in strutture professionali specializzate nella comunicazione di un “pensiero unico ambientalista” espressione di un massimalismo vano, spesso dannoso, ma incontestabile, come un vangelo.
Tutto è organizzato da professionisti: il volontariato, le firme su referendum e petizioni, la raccolta di contributi e donazioni. Ci sono anche i professionisti nell’organizzazione delle contestazioni, nello stile che un tempo rappresentava una novità: cartellonate, manifestazioni come rappresentazioni teatrali, sit-in, arrampicamenti vari. Nei congressi, si usano tecniche professionali di animazione dell’assemblea e di formazione del consenso. I professionisti sono selezionati dal mercato e passano da un’organizzazione all’altra portando con sé parole d’ordine, posizioni, iniziative e linguaggi uniformati che, infatti, sono gli stessi in Greenpeace, WWF, FoEI, Legambiente ecc…
Per la gran parte delle associazioni, non c’è più alcuna esigenza di elaborare posizioni politiche o di interrogarsi su grandi temi proposti dalla storia o dall’attualità. I loro associati non hanno più niente da scegliere perché a discostarsi dallo schema prefissato, si rischia di perdere quote di un mercato consolidato. Infatti, la scelta delle campagne da promuovere è condizionata dai finanziamenti messi in palio da istituzioni e fondazioni che, anch’essi, preferiscono avere interlocutori riconoscibili, sempre uguali a se stessi, già previsti nei budget, come una tassa. L’Unione Europea, ad esempio, finisce per determinare attraverso i propri bandi quali richieste farsi fare, quali scelte farsi appoggiare dalla “società civile” e persino quali provvedimenti farsi contestare e in che misura. Come risultato di partecipazione democratica è preoccupante.
La questione dei cambiamenti climatici è emblematica di questa trasformazione.
Su di essa si è concentrata l’attenzione del mondo e non c’è più alcun rischio che ne sia sminuita l’importanza e la portata epocale. Ma questa dovrebbe rappresentare una ragione in più per alimentare i confronti sulle politiche da adottare, sulla loro efficacia e congruità. Invece, chiunque osi esporre un dubbio sulle origini e l’andamento del fenomeno o una critica sulle misure adottate viene tacciato di “negazionismo”. Le figure retoriche come la “giustizia climatica”, hanno lo scopo di rivestire di un significato etico (e, dunque, incontestabile) le opinabili tesi di politica internazionale che tendono ad addossare ai soli paesi occidentali il peso della riduzione delle emissioni climalteranti. Inoltre, si teme che appaia chiaro all’opinione pubblica una cosa che, per il momento, sanno solo gli esperti di energia e cioè che l’unica misura su cui governi e ambientalisti hanno puntato con convinzione, ovvero gli incentivi spropositati alle fonti rinnovabili elettriche intermittenti, si è rivelata un costo certo per le comunità, con risultati modesti o nulli per il clima e un beneficio miliardario solo per poche imprese e per alcuni “facilitatori”.
Non voglio percorrere tutta la rassegna di miti e tabù che l’ambientalismo di maniera ha imposto alla cultura e alla società (e che noi abbiamo individuato per tempo).
Cito solo quelli relativi alla questione dei rifiuti perché sono quelli che sono costati più cari ad una grande parte del nostro Paese, sia in termini economici che di decoro. L’ossessione contro gli inceneritori ha fatto si che, in pochi anni, si siano esauriti tutti i siti di discarica e che i rifiuti di mezza Italia viaggino per l’Europa a spese dei cittadini e a beneficio degli impianti di teleriscaldamento del Nord Europa.
Si dirà: gli Amici della Terra dicono queste cose da molto tempo ma sono sempre stati in minoranza. Già. A forza di essere isolati ci si scoraggia e si finisce per sottovalutare il fatto che, anche se in ritardo, abbiamo avuto quasi sempre ragione noi.
In quasi quarant’anni di vita abbiamo avviato un numero impressionante di iniziative e di vertenze, non sempre con esito positivo, ma tutte lungimiranti, tempestive rispetto ai problemi e anticipatrici di orientamenti che si sono affermati nel tempo. Dalle promozione delle politiche di prevenzione dei disastri naturali, a quelle per la gestione dei rifiuti; dal diritto di accesso alle informazioni ambientali al referendum sui controlli ambientali e all’istituzione del sistema di agenzie per l’ambiente; dalla battaglia contro il nucleare all’avvio dei programmi per gli smantellamenti e per il deposito di rifiuti radioattivi; dall’efficienza energetica alla promozione delle rinnovabili termiche; dalla valutazione dei costi esterni sui trasporti e dalle iniziative a sostegno del trasporto pubblico e dell’alta velocità, all’analisi dei rischi ambientali connessi alle grandi opere. Senza contare le iniziative di più spiccato valore politico: per l’Amazzonia, per l’ambiente nell’est europeo già dai tempi della cortina di ferro; per il rientro delle navi dei veleni, per la responsabilità ambientale delle imprese; il manifesto per lo sviluppo sostenibile e quello di “Ecologia è Buongoverno”, solo per citare le più significative.
Con questo bagaglio importante, potremmo mai mollare ora? No, non possiamo
Per parte mia, mantengo la disponibilità a lavorare nell’associazione con immutato impegno ma, dopo 20 anni, intendo farlo a sostegno di un nuovo Presidente.
Dalla Direzione è emersa la candidatura di Monica Tommasi che ha dato la sua disponibilità a continuare la nostra battaglia delle idee, a rafforzarla con il suo entusiasmo e ad ampliarne le opportunità con il suo originale punto di vista.
Questo passaggio però è delicato, abbiamo bisogno di aiuto e sostegno e lo chiediamo a tutti coloro che ci hanno incontrato lungo la strada e che ne hanno condiviso un pezzo con noi.
Occorre raccogliere la sfida di creare un legame libero e forte fra coloro che coltivano un pensiero ambientalista razionale ed evoluto, fra quelli che lottano per salvaguardare la natura senza farne una religione, fra coloro che denunciano i problemi ma cercano anche le soluzioni. Esistono molte buone esperienze di lotte ambientaliste e molti buoni esempi di politiche ambientali nel mondo. Occorre che non si disperdano e che si crei un ambito adatto a valorizzarle e a riprodurle. Spesso, sono realizzate da persone che non si qualificano come ambientalisti o che non sanno nemmeno di essere tali. Noi dobbiamo avere la capacità di riconoscere queste persone, di raggiungerle e di ottenere il loro aiuto e la loro amicizia.
E’ affidata a noi la possibilità che l’Italia sia rappresentata in un simile movimento e che anche in Italia esso si possa esprimere con successo.

 

Relazione di fine mandato della presidente nazionale